La cinta senese
Se qualcuno è arrivato qui sperando in un testo sulla moda senese tardo medievale resterà piuttosto deluso. Di contro, possiamo consolarlo con una buona merenda a base di pane con del buon prosciutto crudo ben stagionato, un filo d'olio extravergine e un pizzico di pepe.
I sapori toscani sono fatti così: pochi ingredienti genuini, gusti e aromi intensi, ben definiti e poi il contrasto con un pane che profuma di grano e non sa di sale. E' di natura, di allevamenti curati con devozione e di animali allo stato brado che stiamo parlando: di cose semplici che è così difficile rendere perfette. Cose che spesso affondano le proprie origini nella storia e nei secoli: questo è il caso dei suini di Cinta Senese.
Stagionato almeno un millennio
La Cinta Senese è forse la più famosa delle razze suine, frequentemente citata nella storia, nell'arte e nelle leggende fin dal medioevo: se ne trova esempio nel Palazzo Comunale di Siena con l'opera "Effetti del buon Governo" (1319-1347) di Ambrogio Lorenzetti così come in dipinti ed affreschi della scuola senese del XII secolo e in altre produzioni più o meno importanti italiane e si pensa che le sue origini, comunque autoctone, siano molto più antiche.
Di grande fama perché proprio nel medioevo questo particolare tipo di suino, adattabile a terreni marginali altrimenti non sfruttati, lo rese facile ed economico da allevare; di grande fama perché, proprio a cavallo fra il ventesimo ed il ventunesimo secolo, è tornato a riscuotere consensi sul mercato grazie ad una rinnovata attenzione verso prodotti di qualità come quelli che si ricavano da questo animale.
Come riconoscerlo
Questa razza è assolutamente inconfondibile: cute e setole di colore nero, e presenza di una fascia bianca continua che circonda (cinge, appunto) completamente il tronco all'altezza delle spalle inclusi gli arti anteriori. Le orecchie sono piccole, dirette in avanti e in basso a coprire gli occhi dai rovi e dalle sterpaglie.
Dalle sue carni si producono i migliori salumi: il prosciutto toscano, la spalla salata, le salsicce, la gola, il lardo, la pancetta, il capocollo, la soppressata, la finocchiona, il buristo. Come carne fresca viene utilizzata soprattutto la lombata per la cottura sulla griglia sotto forma di bistecche e rosticciana.
Nella buona e nella cattiva sorte
Taglia media, scheletro leggero e solido. Il peso adulto è di circa 300 kg per i verri e di 250 kg per le scrofe. Sembrano misure di tutto rispetto ed in effetti è così:negli anni '50, con l'introduzione delle razze "bianche" nell'allevamento intensivo, i suini di cinta senese sembrarono però sparire. Le razze bianche, infatti, anche se non idonee all'allevamento allo stato brado, sono più prolifiche ed hanno uno sviluppo molto più rapido tanto che l'animale è pronto per la macellazione dopo 6 mesi di vita (contro circa il doppio).
Certo, la qualità delle carni un po' ne risentì, ma in un momento di grande crescita dei consumi come il secondo dopoguerra, lo scotto da pagare fu tutto sommato accettabile. Ciò nonostante lo stesso progresso è stato probabilmente l'ignaro salvatore di questa specie così che, il bisogno di avere alcuni esemplari di cinta in purezza per incrociarli in prima generazione con il cosidetto "large white", ne decretò la sopravvivenza dall'estinzione a dispetto dell'avanzata dei meticci grigi (detti anche "tramacchiati" e famosi soprattutto in nord Italia).
Carta canta
Proprio la grande contrazione demografica fu all'origine del susseguirsi di apertura, chiusura e successiva riapertura del Libro Genealogico diventato nel 1999 "Registro Anagrafico". Grazie al patrocinio e lo sforzo economico della Regione Toscana, della Provincia di Siena, dell'Associazione degli Allevatori Senesi e di altri Enti per supportare acquisto e mantenimento dei riproduttori, i suini di Cinta Senese stanno lentamente cancellando il nome della propria specie dalla lista di quelle in estinzione: poco meno di mille esemplari in proporzione di 1 verro per 6 scrofe con la più ampia presenza (ovviamente!) proprio in territorio senese.
Ad ulteriore supporto alla produzione e alla salvaguardia della razza, è arrivato inoltre il riconoscimento del marchio DOP limitato proprio al solo territorio toscano. Grazie ad esso vengono evidenziati i legami storici, culturali ed ambientali con la regione e si richiede espressamente che: gli animali vengano allevati allo stato brado o semibrado in bosco o pascolo; possano essere ricoverati in stalla solo nel periodo della riproduzione e parto e dal quarto mese di età vivano all'aperto; l'alimentazione è consentita solo con pascolo e uso di sfarinati o alimenti di origine esclusivamente vegetale possibilmente da specie toscane.
Inoltre, particolare attenzione è stata data alla tracciabilità del prodotto con una scrupolosa identificazione dell'azienda e del capo allevato, del suo utilizzo e della sua trasformazione con un occhio di riguardo alle caratteristiche dell'allevamento che avrà limiti di consistenze di capi per ettaro che salvaguardino l'impatto ambientale (max 1.500 Kg per ettaro di peso vivo complessivo).
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